IL PRETORE
   A scioglimento della riserva formulata all'udienza del 16  dicembre
 1998  il  pretore  ha  pronunciato  la seguente ordinanza ex art. 23,
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Premesso quanto segue:
     a)   con  ricorso  depositato  in  data  3  febbraio  1998  parte
 ricorrente  evocava  in  giudizio  l'I.N.P.S.  esponendo  di   essere
 titolare  di  pensione  VO/art. n. 33 322036 con decorrenza 1 gennaio
 1994; di avere maturato nel 1992 una contribuzione  previdenziale  di
 oltre  1.820  contributi;  di avere presentato domanda di pensione di
 anzianita' in data 26 settembre 1992; di essere detta  domanda  stata
 respinta dall'Istituto previdenziale; di avere presentato ricorso dal
 comitato  provinciale  contro  la  reiezione della domanda in data 18
 luglio 1993; di essere  detto  ricorso  stato  respinto  al  comitato
 provinciale  dell'I.N.P.S.   in forza del decreto-legge n. 384 del 10
 settembre 1992 art. 1; convertito in legge n.  438  del  14  novembre
 1992;  di essere, a seguito della reiezione della domanda di pensione
 presentata in data 26 settembre 1992 da parte  dell'I.N.P.S.  rimasto
 alle dipendenze della Pavesi S.r.l. fino al gennaio 1993.
   Cio'  premesso,  parte  ricorrente chiedeva al pretore di Torino di
 accertare il diritto alla retrodatazione della pensione di anzianita'
 al 1 gennaio 1993.
   Si costituiva l'I.N.P.S., che chiedeva la reiezione  delle  domande
 attoree,   sottolineando   che   il   ricorrente,   alla  data  della
 presentazione della domanda di pensionamento, risultava  beneficiario
 del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria concessa
 ai  sensi dell'art.  3, legge n. 223/1991 con delibera CIPI 12337 del
 6 ottobre 1992 e che la fattispecie non rientrava fra quelle previste
 quali deroghe al blocco dei pensionamenti di cui all'art. 1, comma 2,
 legge n.   438/1992 con cui veniva  convertito  il  decreto-legge  n.
 384/1992.
   All'udienza   del   23   marzo  1999,  le  parti,  depositate  note
 autorizzate, discutevano la questione di costituzionalita'  dell'art.
 1,   comma   2,   lettera   b),   nella  parte  in  cui  non  estende
 l'inoperativita' del comma 1, dell'art. 1  della  legge  n.  438/1992
 alle  ipotesi  di  cui  all'art.  3,  legge  n.  223/1991. Il pretore
 prendeva la causa a riserva sulla medesima questione, a  scioglimento
 della quale
                             O s s e r v a
   1. - Sulla rilevanza: la questione e' senz'altro rilevante.
   Per  affermarlo  occorre  sottolineare  che  l'art. 1 comma 2 della
 legge n. 438/1992 esclude dal c.d. blocco delle pensioni  di  cui  al
 comma  1  della  medesima  norma,  una serie di ipotesi, tra le quali
 figurano alla lett. b), quelle relative ai lavoratori "dipendenti  da
 imprese  per le quali il CIPI abbia approvato i programmi di politica
 industriale di cui all'art. 1, comma 2 della legge 23 luglio 1991, n.
 223, nonche' i lavoratori ai quali si applicano  le  disposizioni  di
 cui all'art. 7, comma 7 della medesima legge n. 223/1991". Si tratta,
 in buona sostanza, di lavoratori posti in Cassa integrazione guadagni
 straordinaria, dipendenti da imprese c.d. "in crisi" e dei lavoratori
 posti  in mobilita' c.d "lunga". Non sembrano, invece, essere esclusi
 dal blocco delle pensioni, in quanto non  rientrano  fra  i  casi  di
 riserva  espressa,  i lavoratori posti in C.I.G.S: ai sensi dell'art.
 3, legge  n.  223/1991,  e  cioe'  quei  lavoratori  posti  in  Cassa
 integrazione  guadagni  in  quanto l'impresa dalla quale dipendono e'
 stata sottoposta a procedura concorsuale.
   Va da se' che la norma di cui all'art. 1 comma 2, lettera b), cit.,
 conduce,   nella  sua  attuale  formulazione,  alla  reiezione  della
 domanda.   La pronuncia dell'incostituzionalita'  della  disposizione
 nella  parte  in  cui limita alle ipotesi di cui all'art. 1, comma 1,
 legge n. 223/1991, la non operativita' del comma 1 dell'art. 1, legge
 n. 438/1992, medesimo, omettendo di estendere anche alle  ipotesi  di
 cui  all'art.  3,  legge  n.  223/1991,  comporterebbe,  invece,  una
 decisione di segno opposto.
   Cosi' chiarita la  rilevanza  della  questione,  va  fatta  qualche
 considerazione:
     b)   sulla  non  manifesta  infondatezza:  la  questione  appare,
 infatti, anche non manifestamente infondata per contrasto con  l'art.
 3  della  Costituzione.  Non  sembra, invero, sostenuto dal requisito
 della ragionevolezza, ne' da quello dell'eguaglianza fra i cittadini,
 un sistema che volendo assicurare un contemperamento degli  interessi
 tra il diritto di accedere al trattamento pensionistico di anzianita'
 del   lavoratore   che   abbia   maturato   il  necessario  requisito
 contributivo limiti e quello dello Stato a  perseguire  politiche  di
 riforma  del  sistema  di  previdenza  e  di contenimento della spesa
 pubblica, introduca una disparita' di trattamento fra lavoratori  che
 si trovano tutti nella medesima situazione giuridica (sospensione del
 rapporto  di  lavoro  per concessione del trattamento di integrazione
 salariale straordinaria), solo perche' il trattamento di  CIGS  viene
 concesso, in un caso (art. 1, comma 2, legge n. 223/1991), in seguito
 alla  presentazione di un programma aziendale, attraverso l'esame del
 quale viene valutata l'esistenza effettiva della c.d crisi  aziendale
 da  parte  di  un  organo  di controllo che emana il decreto di crisi
 (dapprima, il CIPI, ora il Ministro del  lavoro:  d.-l.  n.  299/1994
 conv.  in  legge  n.  451/1994),  e nell'altro caso (art. 2, legge n.
 223/1991), per legge.  L'art.  3,  legge  n.  223/1991,  infatti  non
 prevede  alcun  meccanismo  di  controllo  della  crisi aziendale, ma
 stabilisce che la CIGS sia concessa su semplice domanda del curatore.
 La finalita' della norma, riferita a situazioni  in  cui  si  paventa
 l'irreversibilita'  della  crisi, e' senz'altro quella di un sostegno
 del reddito ai lavoratori, ma altresi' quella di agevolare operazioni
 di  salvataggio  dell'azienda  sottoposta  a  procedura  concorsuale,
 tramite  il suo trasferimento (comma 4). La situazione dei lavoratori
 che fruiscono del trattamento di CIGS ai sensi dell'art. 1, comma  1,
 legge n. 223/1991, dunque, non dissimile da quella dei lavoratori che
 ne  fruiscano  ai  sensi dell'art. 3 della medesima legge. Ed anzi, a
 ben vedere, questi ultimi si trovano in  situazione  piu'  difficile,
 sotto  il  profilo sostanziale, in quanto la crisi della loro azienda
 e' irreversibile e le possibilita' che al termine della CIGS  possano
 riprendere l'attivita' lavorativa sono assai scarse.
   Fatte  queste premesse mal si comprende l'esclusione dei lavoratori
 di cui all'art. 3, legge n. 223/1991 dalle ipotesi di cui al comma 2,
 lett. b) dell'art. 1, legge n. 14  novembre  1992,  n.  438,  se  non
 ipotizzando  un  trattamento  diverso  di  situazioni sostanzialmente
 eguali.